BENJAMIN CONSTANT

"Il pericolo della libertà antica era che gli uomini, attenti unicamente ad assicurarsi la partecipazione al potere sociale, vendessero a troppo poco prezzo i diritti e le soddisfazioni individuali. Il pericolo della libertà moderna è che, assorti nel godimento della nostra indipendenza privata e nel perseguire i nostri interessi privati, rinunciamo troppo facilmente al nostro diritto di partecipare al potere politico" (La libertà degli antichi comparata a quella dei moderni).

Dopo la Rivoluzione francese, alcuni pensatori ritennero che si dovesse tornare alla tradizione ad essa precedente, mentre altri la considerarono come un punto oltre il quale non si poteva tornare indietro, pur rigettandone gli esiti estremi culminanti nel Terrore giacobino, ma anche lo sviluppo autoritario impresso da Napoleone. Benjamin Constant de Rebeque (1767-1830) fu uno dei più accaniti esponenti dell’opposizione liberale a Napoleone: nato a Losanna da una famiglia protestante originaria della Francia, egli compì i suoi studi in Inghilterra e in Germania; nel 1795 ottenne la cittadinanza francese. Nel 1794 aveva conosciuto Madame de Staël (1766-1817), figlia del banchiere svizzero Necker, antico ministro delle finanze sotto Luigi XVI, alla quale Constant restò legato per quindici anni non solo in qualità di amante, ma anche in virtù di una collaborazione intellettuale e politica. Nel 1796, Constant pubblicò Sulla forza del governo attuale della Francia e sulla necessità di aderirvi, dove gli errori della rivoluzione sono criticati ma senza per ciò auspicare un ritorno alla situazione precedente. Eletto al Tribunato, Constant condusse una politica di rigida opposizione a Napoleone, primo console, finché fu costretto con Madame de Staël a prendere la via dell’esilio. Nel loro girovagare per l’Europa, i due incontrarono i grandi eroi della cultura tedesca: uno dei risultati di queste esperienze fu l’opera Sulla Germania di Madame de Staël, nella quale sono esaltati Goethe e Schiller e si dà un resoconto delle principali correnti filosofiche tedesche, oltre che dell’opposizione fra poesia classica e poesia romantica: quest’opposizione, frutto di un assai vivace dibattito in auge a quei tempi (Leopardi stesso interverrà in difesa della poesia classica), pende tutta a favore della poesia romantica, che è la suprema acquisizione di quella cultura tedesca fondata su un armonico equilibrio tra ragione e sentimento. Proprio per via di quest’esaltazione entusiastica della Germania, l’opera, già in bozze, fu sequestrata nel 1810 su ordine di Napoleone, cosicché fu pubblicata in Inghilterra e soltanto nel 1814 in Francia, dove venne considerata il manifesto del romanticismo. In quello stesso torno di anni, Constant scrisse il romanzo Adolphe, pubblicato poi nel 1816. Contro il militarismo napoleonico, egli compose Sullo spirito di conquista e di usurpazione (1814), ma durante i Cento Giorni si accostò a Napoleone, per il quale elaborò un progetto di costituzione liberale sul modello inglese, fondato sulla salvaguardia delle libertà personali. Con l’avvento di Luigi XVIII, Constant fu nuovamente costretto all’esilio, ma nel 1817 potè rientrare a Parigi e, successivamente, venne eletto al parlamento, ove si schierò tanto contro i reazionari quanto contro i democratici. In questo periodo, egli pubblicò una raccolta dei suoi più importanti saggi politici sotto il titolo Corso di politica costituzionale (1818/1820) e, a partire dal 1824, diede inizio alla pubblicazione della sua opera filosoficamente più impegnativa: Sulla religione considerata nella sua origine, nelle sue forme e nei suoi sviluppi, il cui quinto volume uscirà postumo nel 1831. Costantemente sorvegliato dalla polizia sotto Carlo X, dopo la rivoluzione del luglio 1830 fu nettamente favorevole all’avvento del regno di Luigi Filippo, che lo nominò presidente del Consiglio di Stato, ma in quello stesso anno Constant andò incontro alla morte. Il problema che anima l’intera filosofia di Constant è quello della libertà e dei suoi rapporti con il potere: naturalmente ciò è dovuto, oltre che all’indole dell’autore, anche al particolare momento storico in cui egli è vissuto. Due sono i tipi di libertà che Constant individua e distingue: da un lato, c’è la libertà tipica delle antiche democrazie dirette, nelle quali il potere era nelle mani di tutti i cittadini che partecipavano direttamente alla vita politica; dall’altro, c’è la libertà propria della società moderna, in cui tutti gli individui intendono primariamente perseguire i propri interessi e coltivare la propria sfera privata. Per usare la terminologia impiegata da Constant – e destinata a godere di grande fortuna (Hegel, Marx, ecc) -, la prima è la libertà del cittadino, mentre la seconda è la libertà del borghese. La prima forma di libertà è possibile soltanto laddove lo Stato ha piccole dimensioni ed è caratterizzato dalla presenza della schiavitù, che consente ai (pochi) cittadini liberi di non lavorare e, dunque, di dedicarsi a tempo pieno alla vita politica. Tale era, ad esempio, la poliV di Atene nell’età periclea. Negli Stati moderni, caratterizzati da grandi dimensioni, ciò non è più possibile, poiché la schiavitù non è più presente. Il grande errore commesso da Rousseau e dai rivoluzionari che avevano seguito le sue dottrine sta nell’aver voluto ripristinare anacronisticamente la libertà degli antichi: è impossibile realizzare la libertà del citoyen all’interno dello Stato moderno, privo di schiavitù. Ma ciò non significa che si debba rinunciare alla libertà politica per puntare esclusivamente all’utile e alla libertà individuale: Constant non propone mai una libertà – meramente negativa – dalle ingerenze dello Stato, al fine di svolgere un’indisturbata attività economica. Si tratta invece di conferire una diversa forma alla libertà politica. In primis, poiché è di fatto impossibile la partecipazione diretta di tutti alla vita politica, sarà necessario introdurre l’istituto della rappresentanza e, in secundis, per sfuggire alla degenerazione del potere esecutivo in tirannide, sarà necessario introdurre salvaguardie istituzionali volte a garantire la libertà e i diritti individuali, dal diritto di proprietà alla libertà di pensiero e di stampa, da quella economica a quella religiosa, che sta a fondamento di tutte le altre coincide col sentimento religioso della libertà stessa. In quest’ottica, il potere è concepito non già come fine, bensì come garanzia per la libertà e per i diritti di tutti, cosicché diventa necessario evitare un’eccessiva concentrazione di esso. Ciò si ottiene attraverso la separazione dei poteri e l’attribuzione di competenze anche ai poteri municipali. L’importante è – agli occhi di Constant – evitare che l’individuo sia soffocato e che i suoi diritti siano calpestati da forme di governo dispotico.